giovedì 3 giugno 2010


In Molise la gastronomia si è plasmata per le vie della transumananza, lungo i tratturi; ci troviamo al cospetto di una tipica cucina dell'interno, dell'Italia centrale, con elementi fusion di provenienza napoletana, abruzzese e pugliese. La tradizione contadina e pastorale si esprime attraverso un lungo catalogo di prelibati insaccati e formaggi. Celeberrima è la ventricina di Montenero di Bisaccia, delizioso salume a base di coscia, polpa e lardo di maiale. La pampanella si prepara con la parte meno grassa del maiale e la cotenna, cotte al forno e ricoperte di peperoncino: rinomata è la pamapanella di San Martino. Il sagiciotto è a base di un impasto aromatizzato di lombo e coscia. Molto tipiche e particolari le salsicce di fegato e di polmoni: da provare le frascateglie a Sessano e la salsiccia di fegato di Rionero Sannitico. Pregiato e delizioso è il prosciutto affumicato di Spinete, Ferrazzano, Rionero Sannitico, Ururi e Castel del Giudice. Le mulette di Macchiagodena sono una sorta di capocollo al peperoncino; da provare la soppressata, in particolare quella di Capracotta e Agnone. La signora è un salume a base di spalla, filetto e pancetta. Strepitosi sono i sanguinati, tipici della zona di Campochiaro, a base di sangue di maiale, aglio, peperoncino, uva passa e buccia d'arancia. Bojano e Capracotta sono rinomate per fior di latte, pecorini ed altri latticini di grande fragranza. I fusilli alla molisana sono l'epitome di questa grammatica culinaria, a base di ragù di salsiccia, castrato e vitello, lardo e pecorino. Deliziosi i scevelente (maccheroncini lardellati) e le scrippelle, sorta di crepe lardellate al pecorino e in brodo. La fascadielle è una sorta di polenta con ragù di formaggio e ventresca. I crioli con le noci sono degli spaghettoni cucinati con sugo di stoccafisso e noci. Molto gettonati i secondi a base di maiale. Le petaccelle e pallotte si preparano con salsiccia, piselli, pane e pecorino; le larduocchie sono delle leccornie a base di guanciale e peperoni sott'aceto; sono molto apprezzate, difatti, le preparazioni sott'aceto in Molise: assolutamente uniche le pere sott'aceto, condite all'insalata.
Nato in tempi remoti, in un mondo arcaico, in armonia con la natura, espressione di riti ancestrali rudi, misteriosi e magici "il Diavolo" antica maschera carnevalesca, si rivela, l'ultimo giorno di Carnevale a Tufara, tra folli corse e acrobazie temerarie. Tramandato nei secoli, espressione tipica della comunità, richiama cultori da tutto il mondo.La figura caprina, il tridente fra le mani, i movimenti accattivanti, suscitano timore e superstizione; tutti vorrebbero evitarlo, ma ognuno in fondo al cuore spera di essere circondato dal suo seguito urlante.Da dove sbuca quest'essere insolito, misterioso? Dagli inferi, da un'antica casa abbandonata dove occulti riti lo riportano in vita per correre tra le vie del paese? Chi è? Quale mistero cela dietro la nera maschera? È forse figlio della dimenticata primavera, quando a gemma germoglio e fiore si tributava sangue perché crescessero più forti e abbandonati, o quando l'uomo per scrollarsi di dosso l'agghiaccio invernale, danzava e intuiva la natura al risveglio? O forse è l'inquisitore, l'ammonitore delle coscienze ribelli, dove il giogo è pesante e la libertà impellente?"Il Diavolo" forse è tutto questo o forse tutt'altro, ma a Tufara, lo si attende con ansia, per liberarsi con lui di un folleggiare breve e cruento, per dimenticare in un giorno quanto dura è la fatica di vivere.La maschera di Tufara “IL DIAVOLO”, è tra quelle che conservano le antiche caratteristiche da cui traggono origine. Anche se il suo significato primitivo si è in parte perduto, essa rappresentava, un tempo, la passione e la morte di Dioniso, dio della vegetazione, le cui feste venivano celebrate in quasi tutte le realtà agresti. Infatti Dioniso, cosi come la vegetazione di cui era dio, moriva e si rinnovava perpetuamente. Il DIAVOLO, maschera zoomorfa, rappresentante del dio in terra, era vestito con 7 pelli di capro, animale sotto le cui sembianze amava manifestarsi il dio. Si sa, però, che il sacro spesso non va d’accordo con il profano:cosi, con l’avvento del cristianesimo, il rito pagano fu “declassato” a mera maschera carnevalesca, con l’aggiunta di figure ad essa spesso estranee. Ed è sotto questa forma che noi lo conosciamo oggi. I FOLLETTI, che trattengono il Diavolo in catene e lo trascinano per le vie del paese: il Diavolo salta, si rotola, cade a terra e cerca di “sedurre” chi incontra per strada, perché entri a far parte dei suoi adepti. Il Diavolo è preceduto dalla MORTE, impersonata da figure vestite di bianco con il viso impasticciato di farina e che rappresentano la purificazione. Il simbolismo è chiaro: il seme muore per dar vita alla pianta, si purifica nel terreno per poi rinasce, a primavera, trasformato in raccolto. La morte è armato di falce, il cui roteare evoca i gesti metodici, ripetitivi e decisi dei contadini al momento del raccolto: il canto di questi ultimi è sostituito da urla, grida e salti delle maschere.Oggi la figura del DIAVOLO ha assunto un significato che la differenzia profondamente da altre figure simili: al DIAVOLO-DIONISO si sostituisce il CAPRO-ESPIATORIO, il PUPAZZO-SIMULACRO, identificato con il CARNEVALE.Esso viene processato da una scanzonata GIURIA e nonostante la difesa tragicomica della MADRE e del PADRE, viene condannato e scaraventato dall’alto di un precipizio tra le zolle di terra.Muore il pupazzo ma non la speranza, poiché la MADRE - PARCA, con in mano il filo del destino, conocchia e fuso, ha gia pronto un altro neonato - simulacro, che darà continuità al rito

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